Legalizzare l’uso della cannabis, pericoli e conseguenze sul nostro cervello.
Intervista con la psichiatra dott.ssa Laura Bellodi – San Raffaele Milano e il noto neurologo romano Rosario Sorrentino
Sassuolo 20 gennaio 2013
PIP – Mai come in questo momento si sente parlare di legalizzazione , liberalizzazione della cannabis, lo spinello, come droga leggera. Secondo lei è sensato tutto ciò?
Bellodi: La questione della legalizzazione o meno dell’uso di cannabis rappresenta negli ultimi anni un tema aperto e in evoluzione, visti gli ultimi accadimenti in paesi come l’Uruguay, la California, dove è stato recentemente liberalizzato l’uso di questa sostanza. In Italia ad esempio si fa sempre più forte il dibattito sulla legalizzazione della sostanza nel trattamento del dolore cronico, come già da tempo avviene in altri paesi del mondo. Al di là di queste questioni di ordine politico, legale e ideologico la questione più rilevante è chiarirci sull’uso dei termini, ovvero su cosa significa ma soprattutto cosa non significa il termine droga “leggera”. La Cannabis è a tutti gli effetti una sostanza stupefacente che agisce direttamente sul nostro cervello alterandone il funzionamento, ed in grado di determinare condizioni di uso cronico e dipendenza fisica e psicologica. Questo significa che nonostante le sensazioni piacevoli soggettivamente percepite da chi ne fa uso, sono ben note le alterazioni percettive, cognitive e i danni celebrali a lungo termine che essa produce. È quindi più che sensato parlare della cannabis come droga, ma nell’ottica di rendere consapevoli le persone dei suoi effetti nocivi sull’organismo e sulla mente.
Sorrentino: “E’ un tipico modo di affrontare il problema all’italiana. L’aggettivo qualificativo “leggero” non solo è fuorviante, non rende l’idea , ma è anche molto pericoloso per chi non ha strumenti e conoscenza nei confronti di una sostanza potenzialmente nociva e pericolosa. Ritengo che su un problema così delicato, perché riguarda la salute e l’equilibrio mentale di molte persone ,soprattutto giovani e adolescenti, non si possa fare ideologia, demagogia , calcolo politico. Sarebbe utile cogliere questa opportunità per dare la parola alla comunità scientifica affinchè si possa fare chiarezza in un dibattito animato da attori che mirano soltanto al sensazionalismo e all’interesse di parte.”
PIP – Non pensa che potrebbe essere potenzialmente pericoloso far passare il concetto, l’idea, che questo tipo di droga tutto sommato sia “innocente” ?
Bellodi: Questo è proprio il punto della questione. È estremamente diffusa la convinzione, soprattutto tra gli adolescenti, che la cannabis sia una sostanza (il termine droga viene spesso volontariamente evitato) leggera, cioè poco pericolosa, e ciò deriva dal suo confronto con droghe pesanti come la cocaina e l’ecstasi. Come a dire: “alla fine c’è di peggio”. Oltre alla pericolosità di questa convinzione il vero problema è che è del tutto errata. Tutte le sostanze stupefacenti così come lo stesso fumo di sigaretta hanno un preciso e ormai noto effetto sul sistema nervoso centrale e sulle nostre funzioni biologiche di base, come la respirazione e l’attività del cuore, nel senso che alterano e compromettono il normale funzionamento ed equilibrio. Questo vale sia nelle condizioni di assunzione singola, sporadica e abituale della sostanza.
Sorrentino:“E’ proprio questo il punto. E mi viene da pensare che il nostro sia un Paese avvolto da una cappa di ipocrisia e questo riguarda soprattutto alcuni c.d. intellettuali.
Mi spiego: si demonizzano ad arte i farmaci utili, talora necessari, per curare le varie forme di disagio mentale quali la depressione , gli attacchi di panico, i disturbi ossessivi e le varie fobie, e poi si promuove una vera e propria crociata cultural-politica che ha come obiettivo quello di legalizzare, liberalizzare la cannabis che non raramente puo’ slatentizzare, scatenare, attacchi di panico, psicosi, fenomeni di depersonalizzazione e derealizzazione, tanto per citare solo qualche “incidente di percorso”per gli amanti dello sballo.
Quindi tutto cio’ che sta accadendo in chi raccoglie l’anamnesi, la storia clinica dei pazienti che soffrono in modo invalidante di certi disturbi crea sconcerto per la superficialità con cui viene trattato un tema così delicato.
PIP – Ma in pratica quali sono i rischi per chi fa uso o abuso di queste sostanze?
Bellodi : Un vasto corpo di studi scientifici mostra come il principio attivo della cannabis agisca inibendo la trasmissione dei segnali neuronali in diverse aree del nostro cervello, come ad esempio la corteccia prefrontale, responsabile dell’attività cognitiva e di ragionamento e le aree del sistema limbico, deputate alla regolazione emotiva. L’attività di queste aree viene quindi alterata, dando luogo a deficit cognitivi e percettivi che ovviamente peggiorano al cronicizzarsi dell’uso della sostanza, come deficit di attenzione, memoria, apprendimento flessibilità cognitiva e capacità di ragionamento. L’uso cronico della sostanza crea dipendenza (Gessa et al., 1998), attivando un loop di ricerca di dosi sempre maggiori della sostanza. Questo al di là delle gravi conseguenze per la salute determina una importante e significativa compromissione della vita sociale, lavorativa e interpersonale.
Oltre a questo esistono forti evidenze scientifiche di come l’assunzione, anche singola, di cannabis possa favorire l’esordio di disturbi depressivi e d’ansia, in particolare di attacchi di panico e Disturbo di Panico (Winstock AR, Barrat MJ, 2013). Questo disturbo si caratterizza per la presenza di intense crisi di ansia e paura accompagnate da una serie di sintomi fisici respiratori e cardiaci (come tachicardia, dolore al petto, sensazione di soffocamento o di fatica respiratoria), e sintomi legati all’attivazione del sistema nervoso autonomo e il sistema dell’equilibrio (come vertigini, sensazione di testa vuota, de realizzazione e depersonalizzazione). Si tratta di un’esperienza inaspettata e spaventosa per chi la sperimenta, che solitamente si accompagna all’idea di stare per morire, di avere un infarto o di stare per impazzire. Quando il disturbo si struttura si accompagna solitamente all’evitamento di tutti quei luoghi o situazioni in cui la persona ritiene di poter stare male, sino nei casi più gravi ad una grave limitazione della vita del paziente. Negli ultimi anni è notevolmente aumentato il numero di persone, soprattutto adolescenti che arrivano all’attenzione clinica lamentando una serie di sintomi psichiatrici riconducibili a questo quadro clinico, esordito dopo anche una sola assunzione di cannabis. Il rischio di sviluppare una patologia di questo tipo è notevolmente aumentata per i consumatori abituali che iniziano a fare uso di cannabis prima dei 15 anni (Van Laar et al 2007). L’adolescenza in particolare rappresenta un periodo di estrema vulnerabilità poiché rappresenta una fase delicata dello sviluppo celebrale, in cui l’assunzione di cannabis può alterare i processi di maturazione ancora in corso. Va fatta inoltre una specifica sul fumo di sigaretta, che nell’immaginario collettivo di molti non ha alcuna connessione con le patologie psichiatriche. Nel caso del Disturbo di Panico l’essere un fumatore rappresenta un fattore stressante, quindi di rischio, per l’insorgenza del disturbo, nelle persone biologicamente predisposte. Questo perché il fumo di sigaretta altera la normale attività dei centri di controllo a livello celebrale delle funzioni fisiologiche di base (l’attività del cuore e dei polmoni), rende il sistema meno stabile, quindi meno capace di adattarsi e di reagire in modo adeguato al variare delle situazioni contingenti. Inoltre nei pazienti che soffrono di Panico fumare fa parte di quelle abitudini di vita sfavorevoli, capace di ostacolare e rallentare il processo di guarigione.
L’instaurarsi di una patologia psichiatrica conseguente all’abuso o dipendenza da cannabis complica notevolmente il quadro clinico, non solo in termini di maggiore sofferenza psicologica e compromissione della qualità di vita della persona ma anche per quanto concerne il trattamento e quindi il processo di guarigione.
Il costo quindi anche di uno sporadico o singolo uso di cannabis non va sottovalutato, perché è davvero capace di scatenare una cascata di eventi di elevata gravità sulla salute delle persone.
Sorrentino: “ Ritengo che anche l’uso occasionale in persone che presentano senza saperlo una predisposizione genetica possa rappresentare l’esordio dei disturbi che possono essere di pertinenza psichiatrica, neurologica, cardiologica, ormonale, immunitaria e respiratoria. La cannabis è una sostanza biologicamente attiva , che stimola i neuroni dopaminergici del sistema mesolimbico corticale, una sorta di circuito, di autostrada che attraversa in lungo e in largo il nostro cervello andando così a produrre un repertorio di sintomi che variano sensibilmente da persona a persona ma quello che preoccupa maggiormente è quando l’uso e l’abuso dello spinello che tanto innocente non è, riguarda gli adolescenti e i giovanissimi nel cui cervello si stanno compiendo importanti rivoluzioni biologiche, delle vere e proprie tempeste ormonali che possono essere turbate, alterate anche da un uso modesto di cannabis; infatti è proprio nei più giovani che si manifesta la risposta acuta sotto forma di attacchi di panico o di psicosi quando assumono questa sostanza.
PIP – Come affrontare allora “scientificamente” il problema?
Bellodi : La cura dei quadri di dipendenza da cannabis complicati dalla co-presenza di un Disturbo di Panico necessita di programmi di intervento che combinino la farmacoterapia, la psicoterapia e gli interventi riabilitativi in contesti di cura in equipe altamente specializzate. La complessità dell’intervento risiede nella difficoltà per il paziente di interrompere l’assunzione della sostanza a causa dei sintomi fisici da astinenza che ne conseguono, e che in molti casi determinano un peggioramento dell’ansia e un aumento degli attacchi di panico. A sua volta il quadro psichiatrico richiederà un intervento psicofarmacologico associato ad un supporto psicoterapeutico, che sarà indispensabile non solo al fine favorire una miglior gestione della sintomatologia ansiosa e dei comportamenti di evitamento ma anche allo scopo di migliorare le abitudini di vita del paziente e ridurre il rischio di ricaduta nell’assunzione della sostanza stupefacente.
Sorrentino:” Vede, il nostro è un Paese che ha una solida e triste tradizione antiscientifica se non di vera e propria ostilità nei confronti dei dati delle ricerche e delle conclusioni a cui una medicina sempre più moderna e sofisticata giunge. Bisognerebbe prendere la palla al balzo e promuovere una serie di sperimentazioni sul principio attivo della cannabis, il tetraidrocannabinolo. Questo aiuterebbe molto a chiarirci le idee sull’azione e sugli effetti di questa sostanza ma anche su alcuni aspetti del funzionamento del nostro cervello che ancora ci sfuggono. In altri termini prima di una decisione politica e legislativa, cio’ che dovrebbe anticipare qualsiasi decisione dovrebbe essere l’approccio e la discussione scientifica che ha come obiettivo principale quello del bene della collettività e non certo quello di raccattare qualche consenso in più.
Ritengo comunque fondamentale qualora si volesse come al solito “bypassare” il mondo scientifico promuovere una campagna di informazione e formazione dell’opinione pubblica elencando tutti i potenziali rischi di una sostanza che non puo’ certo essere utilizzata per mere ragioni ricreative e di socializzazione.
( Intervista del giornalista Simone Ricci per Pronto Intervento Panico)
Bibliografia
Gessa, G.L., Melis, M., Muntoni, A.L., Diana, M. (1998). Cannabinoids activate mesolimbic dopamine neurons by an action on cannabinoid CB1 receptors. Eur J. Pharmacol., 341: 39.44.
Winstock, A.R., Barrat, M.J. (2013). The 12-month prevalence and nature of adverse experiences resulting in emergency medical presentations associated with the use of synthetic cannabinoid products. Human Psychopharmacology 28(4):390-3
Van Laar, M., van Dorsselaer, S., Monshouwer, K., & de Graaf, R. (2007). Does cannabis use predict the first incidence of mood and anxiety disorders in the adult population? Addiction, 102, 1251-1260.
Laura Bellodi ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Milano nel 1973 e nel 1977 la Specializzazione in Psichiatria presso la stessa Università. Dal 2005 è Professore Ordinario di Psichiatria presso l’Università Vita- Salute San Raffaele di Milano.È, inoltre, Direttore del Centro per i Disturbi Alimentari e Direttore del Centro per i Disturbi d’Ansia e del Centro per i Disturbi Ossessivo Compulsivi presso l’Istituto Scientifico San Raffaele. Dal 1978 è Membro della Società Italiana di Psichiatria e dal 1997 Membro della Società Italiana di Psicopatologia (SOPSI) e dell’European Neuropsychopharmacological Society.
Rosario Sorrentino : Laurea in Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Facoltà di Medicina e Chirurgia Specializzazione in Neurologia. Post doctoral Research Fellowship alla Columbia University di New York. Membro dell’Accademia Americana di Neurologia (American Academy of Neurology).
Ha svolto studi clinici di neuropsicologia e farmacologia con particolare riferimento alla malattia di Alzheimer presso il Presbyterian Hospital di New York.
E’ autore del volume PANICO (edito da Mondadori) “Una bugia del cervello che può rovinarci la vita”.E’ autore del volume RABBIA (edito da Mondadori) “Un’Emozione che non sappiamo controllare”.